L’idea di una mostra ad Asti sull’alimentazione nel mondo antico si ispira alle linee guida dell’Expo 2015 di Milano: “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”, quando ricordano che “la qualità e la genuinità del cibo vanno di pari passo con la tradizione consolidata nelle attività di coltivazione e di allevamento dei popoli e delle comunità locali, frutto di esperienze millenarie sulle quali oggi si innestano forti innovazioni scientifiche e tecnologiche”.
Oggi come in passato, il cibo è uno dei principali fattori che qualificano una civiltà, strettamente connesso alla sfera sociale e religiosa, concorre alla creazione del senso di appartenenza e a quella che definiamo “identità culturale”, e da lì alla comunicazione interculturale.
La mostra, Alle origini del gusto. Il Cibo a Pompei e nell’Italia antica, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e Fondazione Palazzo Mazzetti, curata da Adele Campanelli e Alessandro Mandolesi, conduce il visitatore in un viaggio alle origini del comportamento alimentare italiano in un contesto, Asti e il suo territorio, rinomato per una produzione agro-alimentare che affonda le radici in un passato ricco di testimonianze locali.
Partendo dall’invito a un banchetto di età romana in un itinerario a ritroso nel tempo, anche attraverso approfondimenti su alcuni significativi prodotti della terra (grano, olio, vino) si compone un quadro esaustivo delle abitudini alimentari e produttive dei maggiori popoli antichi che vissero in Italia.
Un’impostazione innovativa e originale basata sull’incontro fra archeologia e tecnologia dove le ricostruzioni delle attività e delle consuetudini alimentari dei Romani focalizzeranno, di volta in volta, situazioni singolari relative alle altre importanti civiltà che si sono sviluppate sul territorio italiano: dai Greci agli Etruschi, fino agli Italici. Le conoscenze sulla produzione e sulla cucina romana, e in parte anche greca ed etrusca, sono vaste e basate su fonti di natura molteplice: letterarie, archeologiche, paleo-ambientali. I testi scritti in particolare sono numerosi: si cita a titolo esemplificativo il noto manuale di ricette pervenutoci sotto il nome di Apicio, o la cena di Trimalcione nel Satyricon di Petronio oppure la Edifagetica di Archestrato di Gela, una specie di prima guida gastronomica del mondo antico, ma l’elenco potrebbe continuare a lungo. Notevole anche il corpus delle informazioni fornite dall’archeologia, soprattutto la quantità di dati dall’area vesuviana: Pompei, Ercolano e Stabia centri seppelliti dall’eruzione del 79 d.C. restituiscono rappresentazioni figurate, ambienti completi di arredamenti, impronte di coltivazioni, reperti botanici, zoologici e anche veri cibi carbonizzati.
Una sequenza di luoghi e di ambientazioni collegati al consumo, all’elaborazione e alla produzione degli alimenti, corrispondenti alle varie sezioni espositive con un taglio mirato ad illustrare sia la preparazione e la presentazione dei cibi sia le tecniche di coltivazione con la ricostruzione di un antico paesaggio agrario italiano.
In occasione della mostra è possibile visitare la domus romana di via Varrone della seconda metà del I secolo d.C., situata presso la porta urbica occidentale (Torre Rossa) dove terminava il decumano massimo (coincidente con l’odierno Corso Alfieri). Tra i resti della costruzione, riaperta al pubblico con un allestimento aggiornato, è di particolare interesse il tappeto a mosaico che decorava il pavimento della sala da pranzo (triclinium).
Il programma didattico atto a coinvolgere gli studenti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado si sviluppa attraverso visite guidate condotte da operatori specializzati e laboratori impostati su diversi livelli di approfondimento.
Un inedito ciclo di conferenze, sarà dedicato ad alcuni aspetti dell’alimentazione nell’antichità e avrà inizio nel mese di marzo per proseguire, con cadenza mensile, fino a giugno. Più in particolare si parlerà, tra l’altro, di vino, olivocultura, produzione olearia, ma anche dell’alimentazione a Pompei grazie ai risultati degli studi su reperti organici e vegetali (come semi, frutti e pane, sopravvissuti all’eruzione del 79 d.C.), e del cibo consacrato alle divinità.